Le grottesche della Domus Aurea: esseri ibridi, mostri e chimere ritratti tra decorazioni geometriche e naturalistiche

La Domus Aurea fu la villa urbana realizzata dall'imperatore Nerone dopo il grande incendio del 64 d.C., che devastò buona parte del centro cittadino. In seguito al terribile evento, il princeps espropriò un'area di oltre 80 ettari, per costruirvi un palazzo di dimensioni esagerate, che si estendeva dall'Esquilino al Palatino. La villa, a causa delle sue dimensioni e della ricchezza dei materiali impiegati, non fu mai portata a termine e per larghe porzioni venne distrutta subito dopo la morte dell'imperatore, al fine di restituire il terreno al popolo romano. Ciò che resta della Domus Aurea, nel 1980 è stato insignito del titolo di Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. La Domus Aurea non fu progettata per essere una residenza unitaria, ma piuttosto un insieme di edifici e spazi verdi, che alcuni secoli dopo ispirarono gli architetti che si occuparono di realizzare la grande villa Adriana situata alla periferia di Tivoli.

L'architettura della Domus Aurea
Della grande residenza di Nerone, oggi rimane il nucleo edilizio situato sul colle Oppio, costituito da più di 150 ambienti, tutti articolati intorno ad una vasta sala ottagonale, fulcro dell'intero complesso. Al settore occidentale appartengono alcuni degli ambienti più noti: la Sala della volta delle civette e il Ninfeo di Ulisse e Polifemo, che prende il nome dal mosaico situato al centro della volta. Nel settore orientale sono conservate la Sala di Achille a Sciro, la Sala della volta dorata, con la sfarzosa decorazione a stucchi policromi, la Sala di Ettore e Andromaca. L'assenza di latrine, porte, sistemi di riscaldamento e ambienti di servizio farebbe escludere la finalità residenziale di questo padiglione, riservato più che altro all'ozio e allo svago dell'imperatore e dei suoi ospiti, che potevano rilassarsi in un ambiente straordinariamente ricco di opere d'arte e di bellezze naturalistiche. I progettisti si ispirarono alle ville marittime campane, le cui caratteristiche erano la distribuzione sparsa degli edifici e la presenza di numerosi portici e giardini. L'ispirazione pare provenisse soprattutto da Baia, la località estiva più famosa del mondo romano, nella quale furono costruite tantissime ville lussuose. Gli architetti che progettarono la Domus Aurea, per ovviare all'assenza del mare, decisero di far affacciare la villa su un bacino d'acqua artificiale, lo stagnum, presso il quale venivano organizzati fastosissimi ricevimenti e persino festini di piacere al di sopra delle imbarcazioni. Svetonio sostiene che ogni cosa era rivestita di pietre e metalli preziosi: il soffitto delle sale da pranzo fu realizzato con lastre d'avorio, mentre la sala principale ruotava su se stessa, esattamente come il pianeta terra. Marziale si lamentava per il fatto che una sola abitazione occupasse l'intera città. L'ingresso situato sui clivi del colle Palatino introduceva al Vestibulum, il cortile d'ingresso, accesso principale della Domus Aurea. Per impreziosirlo, Nerone commissionò una statua colossale in bronzo, alta 35 metri e raffigurante se stesso, con le sembianze del dio-sole Apollo. La statua era chiaramente ispirata al Colosso di Rodi, con il braccio destro proteso in avanti e quello sinistro che reggeva un globo terrestre. In seguito, il colosso fu riadattato con il volto dei vari imperatori, fin quando non fu distrutto dai Goti. Lo stagno, invece, fu realizzato nella vallata compresa tra il Celio, l'Oppio e la Velia. Nerone fece monumentalizzare l'intero bacino, ordinando di circondarlo con un gran numero di edifici, tanto che Svetonio lo paragonò a un "mare" circondato da una città. Fu Vespasiano a drenare il bacino e a farvi edificare sopra l'Anfiteatro Flavio.

Le decorazioni della villa
La fama delle decorazioni e delle pitture murali che ornavano la Domus Aurea è legata a Fabullo, l'artista celebre per lo stile severo, che per le sue opere soleva usare colori scuri, quali il rosso, il blu, il cinabro, il verde, l'indaco. Gli affreschi ricoprono pareti intere e riempono soprattutto i corridoi e gli ambienti di passaggio, lasciando il posto nelle sale principali ai rivestimenti in marmo pregiato e agli stucchi dipinti. Le decorazioni sono ascrivibili al quarto stile pompeiano, ispirato alle maschere e alle scenografie teatrali e quindi ricco di figure particolari ed animali fantastici. I personaggi raffigurati rivelano una predilezione per la saga troiana, che probabilmente voleva essere un omaggio alla città che aveva dato le origini a Roma e alla gens giulio-claudia. Verso la fine del XV secolo, pare che un giovane cadde accidentalmente all'interno di una fessura apertasi lungo il colle Oppio e si ritrovò in una grotta molto strana, colma di figure dipinte, immagini grottesche, mostri e chimere, che in seguito alla scoperta, divennero un motivo ricorrente nell'arte del Rinascimento. Sono tante le firme lasciate dai turisti illustri che vollero visitare le grotte. Tra questi il Marchese de Sade, Giacomo Casanova, Domenico Ghirlandaio e Filippino Lippi. L'effetto di queste strane decorazioni e creature infernali sugli artisti rinascimentali fu molto profondo: è possibile notarlo osservando le decorazioni di Raffaello nelle logge del Vaticano. La decorazione a grottesca, così come fu chiamata dal Vasari, ha come particolarità principale la raffigurazione di esseri mostruosi ed ibridi, spesso ritratti a mo' di figurine estrose, abilmente fuse all'interno di decorazioni naturalistiche o geometriche, e strutturate in maniera simmetrica, su uno sfondo bianco o comunque di un solo colore. I soggetti, tuttavia, non sono legati a storie e narrazioni, ma vengono tracciati in maniera calligrafica, caratterizzati da linee semplici e colori basici. L'illustrazione è più che altro ludica e solo raramente ha uno scopo didascalico. Il nome di questo filone artistico che tanto appassionò gli amanti dell'arte del XV e del XVI secolo deriva dalle grotte dell'Esquilino, scoperte nel 1480 e "prese d'assalto" dagli artisti dell'epoca, che accettavano di farsi calare al loro interno, pur di poterle osservare con i propri occhi. Si dice che anche Michelangelo, Raffaello e il Pinturicchio si recarono a contemplarle da vicino. Dopo la morte di Nerone, nell'arco di pochi anni la Domus Aurea fu interamente sepolta sotto nuove costruzioni e, paradossalmente, ciò fece in modo che questi dipinti riuscissero a sopravvivere al tempo. La sabbia delle fondazioni, infatti, riuscì a difenderle dal loro nemico giurato, l'umidità, e a consegnarle alla storia.

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08/10/2018
Domus Aurea RomaImperatore Nerone