La Basilica di San Clemente e i suoi sotterranei, luogo recondito dove risiede la fonte di acqua sorgiva

La Basilica di San Clemente, dedicata a Papa Clemente I, è situata tra il Celio e l'Esquilino, nel rione Monti. La chiesa che oggi possiamo osservare fu edificata e consacrata nel corso del XII secolo ed è collegata all'attiguo convento domenicano.
L'importanza dell'edificio deriva anche dalla sua posizione, situata proprio al di sopra di alcuni edifici interrati di epoca anteriore. Il più antico dei due livelli sotterranei risale al I secolo d.C., in piena età imperiale. Queste strutture furono scoperte e riportate alla luce nel 1857, per volere dell'allora priore del convento. I due livelli sotterranei sono stati indagati e consolidati, e da qualche anno è possibile percorrerli e visitarli, in modo da godere della varietà di strutture e affreschi qui conservati. L'abbondanza degli elementi architettonici, storici ed artistici presenti, i quali ripercorrono tutta l'epoca cristiana, ne fa un monumento estremamente prezioso e probabilmente unico nella storia di Roma.

La basilica superiore
La basilica moderna venne costruita e consacrata nel XII secolo. Da alcuni scritti apprendiamo che Papa Pasquale II, già cardinale dal 1076 al 1099, fu nominato Papa nella nuova basilica, all'indomani della sua consacrazione. L'edificio antico venne parzialmente demolito e interrato per una profondità di circa quattro metri e le strutture più antiche furono impiegate come fondazioni per la nuova Basilica. L'antica chiesa fu probabilmente demolita a causa del suo precario stato di conservazione e per le macerie accumulatesi in seguito all'incendio appiccato dalle truppe normanne nel 1084 (durante il celebre Sacco di Roma). L'aspetto attuale è stato definito in seguito all'importante opera di restauro portata a termine tra il 1713 ed il 1719, per volere di papa Clemente XI. I lavori furono affidati all'architetto Carlo Stefano Fontana, nipote del più noto Domenico Fontana. Fu proprio lui a occuparsi del disegno della facciata attuale, particolarmente sobria ed elegante, e portata a termine nel 1716. Al di sopra delle arcate del portico, essa reca un finestrone ad arco a tutto sesto inquadrato da due lesene, mentre di fianco al corpo principale sorge il campanile, decorato con il medesimo stile barocco e terminato anch'esso intorno agli inizi del XVIII secolo.

La basilica antica
Verso la metà del III secolo d.C. il piano superiore dell'horreum (il magazzino, realizzato a servizio della vicina area dei Ludi creata nel corso del I secolo intorno al Colosseo) qui presente fu demolito, lasciando spazio ad un'abitazione privata, che dovette essere la residenza di un patrizio. Alcuni scritti dell'epoca farebbero pensare ad un luogo nel quale i cristiani si riunivano per professare il nuovo credo che stava per soppiantare il culto pagano. Negli anni successivi l'edificio fu oggetto di numerose modifiche, che ne alterarono completamente la pianta e l'aspetto originali. Già nel IV secolo fu restaurato e trasformato in una piccola basilica cristiana, con tre navate interne e un'abside, realizzata in luogo del Mitreo. Quest'ultimo, situato di fianco al più grande horreum, era incluso in un'insula, ovvero un grande ambiente suddiviso in tanti appartamenti collocati intorno a un ampio cortile centrale, realizzato nel I secolo in opus latericium. Nel cortile interno, fra la fine del II e l'inizio del III secolo, venne costruito il Mitreo, un tempio di piccole dimensioni dedicato al dio Mitra, culto di origine orientale che, importato a Roma da una delle legioni di stanza in Asia Minore, non tardò a diffondersi. All'interno del Mitreo fu ritrovata anche una statua del Buon Pastore. Nella basilica antica, nei pressi dell'estremità occidentale della navata meridionale, pare fossero conservate le reliquie di San Cirillo, celebre per aver dato il via al processo di evangelizzazione delle popolazioni slave e per aver condotto a Roma le reliquie di San Clemente recuperate in Crimea.

I sotterranei
La basilica primitiva di San Clemente, oggi situata al di sotto di quella moderna, riporta ancora alcuni dei magnifici affreschi realizzati nel corso del IX, X e XI secolo. Alla metà del IX secolo appartengono i dipinti che ritraggono papa Leone IV, mentre a pochi anni prima del definitivo abbandono risalgono le storie dei Santi Clemente e Alessio. Recenti scavi, attualmente ancora in corso, hanno portato alla luce persino un piccolo battistero paleocristiano (per ora accessibile solo agli archeologi) e un affresco raffigurante la Madonna con Bambino. Molto interessante è anche il complesso catacombale che, seppur di dimensioni ridotte, ha offerto agli studiosi materiale molto interessante. Le catacombe sono composte da una galleria intorno alla quale si affacciano alcuni sepolcri a inumazione, risalenti al V secolo d.C. Durante il percorso sotterraneo è possibile ammirare anche una piccola diramazione del torrente Labicano, che in passato si riversava nella vicina vallata del Colosseo e alimentava le paludi del Velabrum Maius (dove oggi sorgono le chiese di Santa Maria in Cosmedin e San Giorgio al Velabro).

L'iscrizione di Sisinnio
Uno degli affreschi situati nel livello inferiore del complesso riporta la leggenda di Sisinnio, prefetto di Roma: costui, un giorno decise di pedinare la moglie, poiché non si fidava della sua buona fede. La moglie Teodora, infatti, era diventata una seguace del culto cristiano e Sisinnio la vide entrare in una catacomba, con l'intenzione di assistere a una messa celebrata da Papa Clemente. Vedendo la scena, il marito, colmo d'ira, la raggiunse per fermarla, ma fu colpito all'istante da cecità. Sisinnio riottenne la vista solo attraverso l'intercessione del pontefice ma il prefetto, invece di mostrargli gratitudine, ordinò ai suoi soldati di catturarlo. La leggenda vuole che i soldati non riuscirono a catturare Papa Clemente, poiché al suo posto legarono una pesante colonna. A raccontare l'accaduto è un affresco che riporta alcune delle più antiche frasi murali trascritte in una lingua intermedia tra il latino e il volgare. L'iscrizione, datata fra il 1084 e il 1100, è a tutti gli effetti il più antico esempio esistente di volgare italico impiegato per fini artistici. L'affresco è situato nell'aula della basilica e riporta, a mo' di fumetto, le seguenti espressioni: "Fili de le pute, traite, Gosmari, Albertel, traite!" Alla prima frase, urlata da Sisinnio all'indirizzo dei propri soldati, risponde San Clemente che dice: "Duritiam cordis vestri, saxa traere meruistis", traducibile con l'espressione: "A causa della durezza del vostro cuore, avete meritato di trascinare sassi".

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09/07/2018
Basilica di San ClementePapa ClementeColle Esquilino