Mangiare a Roma: influenze e commistioni nella cucina tradizionale romana

La cucina tradizionale romana rispecchia la vera anima della città di Roma, genuina, rustica ed essenziale, fatta di semplici ingredienti e soprattutto "povera". Non bisogna andare troppo indietro nel tempo per ricercare le origini dei più famosi piatti romaneschi, che sono il frutto d’influenze culinarie (principalmente spagnole ed ebraiche) che in pochi si aspetterebbero. Commistioni che nascono prima di tutto dai quartieri, dalla tipica borgata romana, fatta di storie, gente e soprattutto mestieri come quello dei macellai, fautori di una buona parte dei secondi piatti tipici romani.
Visitare Roma non significa solo ammirare monumenti e godere delle bellezze architettoniche; la città può essere scoperta e conosciuta anche attraverso i suoi piatti più famosi, fermandosi in un’osteria tipica e gustando piatti come coda alla vaccinara, carciofi alla giudia, trippa alla pajata e ancora pasta cacio e pepe e gnocchi alla romana.
Non è un caso se uno dei detti culinari popolari più in voga (anche negli odierni #hashtag) venga proprio da Roma: "Giovedì gnocchi (rigorosamente alla Romana), venerdì pesce e sabato trippa", tipico modo di dire parlando del menù del giorno nell’immediato secondo dopoguerra. Il giovedì, infatti, ci si riempiva lo stomaco con i sostanziosi gnocchi, il venerdì era il giorno religioso per cui si rispettava la dieta con il pesce e il sabato si tornava a gustare la carne, piatto per pochi.

Cucina romanesca: influenze e commistioni ebraiche
In pochi sanno che la cucina tradizionale romana deve molti dei suoi piatti più tipici alle influenze con la cucina ebraica e con quella spagnola. Quest’ultima dovuta alla grande presenza di immigrati spagnoli ebraici arrivati nel ghetto nell’epoca rinascimentale, mentre quella ebraica grazie all’omonima comunità che si insediò nella capitale a partire dal II secolo avanti Cristo.

I carciofi alla giudia, l’utilizzo delle frattaglie nelle pietanze e l’uso di alici, pesce azzurro e baccalà sono solo alcuni esempi dell’influenza ebraico spagnola nella cucina romanesca. Il mix di ingredienti, quelli più tipici della tradizione romana, uniti a modi di cucinare tipicamente ebraici e spagnoli (la frittura o l’utilizzo di scarti del bovino, per esempio) hanno dato origine alla genuina cucina romana. L’impiego esclusivo dell’olio di oliva nelle fritture (riservato solo ai nobili romani) diventa, infatti, un’abitudine grazie all’uso esclusivo che ne facevano gli ebrei nel Ghetto. Usanza che porta alla creazione di un piatto emblema di questa fusione: i carciofi alla giudia (o giudea).
Carciofi cimaroli, tondi e decisamente teneri, conditi e fritti interamente in olio di oliva. L’influenza kosher, non finisce però qui, si ritrova anche nei fiori di zucchina fritti (ripieni di pangrattato, alici e prezzemolo) e nel baccalà fritto. Il pesce non è infatti un elemento culinario tipico della cucina romana, più orientata sulla carne. Il tipico tortino alici ed indivia è un tipico esempio della gastronomia giudaico - romana: quando alla fine del 1600 fu imposto agli ebrei del Ghetto di consumare solo cibi poveri, alici e sardine entrarono di diritto nel menù giornaliero delle famiglie. Anche alcuni dolci della tradizione cittadina ricordano influenze orientali e mediterranee grazie all’impiego di ingredienti come miele e frutta secca. Un esempio? Il tortolicchio, dolce preparato con mandorle e miele, e ancora il pangiallo e panpepato realizzato con scorze di agrumi canditi, pinoli, mandorle e reso dolce e aromatico da miele e cannella.

Non mancano però anche le contaminazioni con la cucina delle regioni circostanti (Umbria e Abruzzo) ma anche con paesi e città vicine alla città Eterna.
La cucina romana si fonda principalmente sui primi piatti e ricette come la pasta all’Amatriciana o alla Gricia provengono infatti da Amatrice, paese laziale al confine con la regione Abruzzo. E che dire della tradizionale ricetta dei saltimbocca alla romana? Le origini di questo piatto sembrerebbero bresciane, del Nord Italia dunque, ma le famose fettine di vitella con prosciutto crudo e salvia rosolate in burro e vino bianco, sono diventate un'istituzione a Roma e l'origine sembra andata ormai perduta.

Quartieri di Roma: dove nasce la cucina tradizionale romana
Se avete in programma un viaggio o una visita nella città eterna non potete evitare, dunque, un tour gastronomico tra osterie e ristorantini tipici romani. É nei quartieri che nasce, infatti, la vera cucina locale, fatta di piatti genuini, ingredienti semplici e gusto unico. Se da una parte le diverse provenienze geografiche dei membri della comunità romana hanno influito su alcuni dei piatti più tipici, dall’altra è nei quartieri rionali della capitale che ne sono nati altrettanti.
In questa storia gastronomica una parte rilevante la detiene il rione Testaccio, dove nel 1891 fu inaugurato il Mattatoio.
Qui si trovavano la maggior parte dei macellai che, vendute le parti più pregiate del bovino, si trovarono a dover smerciare anche le rimanenze, gli scarti. Il famoso "quinto quarto" è infatti composto dalle parti povere dell’animale cioè frattaglie, lingua, fegato, cuore, trippa, rognoni, coda e altro che venivano venduti a poco prezzo alle osterie della zona, che al tempo si concentravano tutte nei pressi del Monte dei Cocci. I cuochi delle osterie, dunque, dovettero imparare a valorizzare questi prodotti di bassa macelleria cuocendoli lentamente con erbe, aromi e spezie per esaltarne i sapori inusuali. Tutto questo ha così portato alla nascita di piatti ormai diventati un’istituzione romana come trippa alla romana, animelle fritte, coda alla vaccinara e rigatoni con la pajata.
Il Mattatoio del Testaccio, dismesso dal 1975, rappresenta il punto di partenza di un’esperienza culinaria fatta di sapori decisi e intensi. Per questo nel quartiere si trovano, ancora oggi, osterie che propongono questi piatti tradizionali. É possibile gustare i buoni piatti della cucina tradizionale romana anche nei quartieri della Garbatella (in una tipico locale casereccio detto fraschetta) e nel cuore di Trastevere, dove i prezzi anche per i turisti rimangono accessibili e la qualità dei piatti proposti è ottima. Se volete provare le fusioni tra cucina romana e quella ebraico spagnola, vi consigliamo di fare un salto nei ristorantini del quartiere ebraico di Roma, detto il Ghetto. Si trova lungo il Lungotevere de’ Cenci, di fronte all’isola Tiberina.

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19/11/2018
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