L'affascinante quartiere Coppedè

Roma è un luogo magico che offre ai suoi visitatori uno spettacolo ad ogni angolo, ma c'è un quartiere in questa città che è lontano dai tour turistici e che merita di essere scoperto: il quartiere Coppedè.
In realtà non è un vero e proprio quartiere, ma un complesso di edifici situato in zona Nomentana, nel quartiere Trieste, composto da 26 palazzine e 17 villini, progettato dall'architetto e scultore fiorentino Gino Coppedè.

Il quartiere colpisce subito per la sua architettura quasi fiabesca, surreale, che stupisce per la bizzarria della mescolanza di Liberty, Decò, arte gotica e barocca. Uno stile eclettico insomma, che ha dato vita ad un quartiere dal fascino unico, unito alla suggestione di simboli provenienti dal mondo esoterico, del quale lo stesso Gino Coppedè era esperto.
Esplorare il quartiere Coppedè è una vera e propria esperienza unica, mentre si passeggia tra le sue vie non si ha nemmeno la sensazione di essere nelle Roma Eterna fatta di monumenti classici. Ci si immerge in una atmosfera da fiaba, fatta di decori accurati che celano simboli non sempre facili da interpretare. Il fascino di questo quartiere aumenta ancora di più, se è possibile, quando la luce della sera avvolge l'atmosfera che diventa carica di suggestione.

Storia del quartiere Coppedè

Il quartiere fu realizzato nel periodo tra il 1915 ed il 1927, su progetto di Gino Coppedè, ma purtroppo rimase incompiuto a causa dell'improvviso e misterioso suicidio dell'architetto fiorentino.
L'architettura dell'intero quartiere è molto lontana da quella del periodo fascista, tipica dei primi anni del novecento in Italia. Le linee di Coppedè sono sinuose, tormentate e ridondanti nei decori, proprio l'estremo opposto del razionalismo fascista. Gino Coppedè poté liberarsi dai vincoli del gusto predominante grazie al fatto che la commissione non era pubblica, ma proveniva dalla borghesia locale. In quel periodo Roma era infatti in una fase di forte espansione, nonostante il piano regolatore del 1909 che tentava di limitare il fenomeno.

Sebbene Coppedè fosse molto lontano dai volumi dell'arte fascista, capiva bene che Roma rappresentava una realtà molto diversa dalle altre città europee dove il Liberty aveva trovato spazio ed era fiorito, infatti la storia antica di Roma con la sua estetica rappresentava il fulcro di tutta la struttura urbanistica. Per questo motivo Gino Coppedè diede vita ad uno stile autonomo, che potesse esprimere anche elementi di legame con la tradizione storico-artistica italiana e che non fosse solo una rottura con il passato, cosa che era alla base dello stile Liberty europeo.

Una passeggiata alla scoperta del quartiere Coppedè

Il nostro itinerario può iniziare passando sotto l' arco che unisce due palazzi detti degli Ambasciatori, al quale è appeso un enorme lampadario di ferro battuto. Ci lasciamo alle spalle il traffico di via Regina Margherita, immergendoci nella tranquillità del quartiere Coppedè.

Oltrepassando l'arco ricoperto da simboli e decori floreali, si arriva al centro del quartiere intorno al quale si sviluppa l'intero progetto: piazza Mincio. Al centro della piazza si trova una fontana composta da due vasche, interamente decorata da rane. È molto probabile che l'ispirazione provenga dalla Fontana delle Tartarughe realizzata dal Bernini, situata nel ghetto. La fontana delle Rane è famosa anche perché è qui che i Beatles fecero il bagno dopo un loro concerto al Piper, che si trova proprio nelle vicinanze del quartiere.

Proprio intorno alla piazza si possono scorgere dei palazzi molto interessanti, come il cosiddetto Palazzo del Ragno. Questo palazzo di tre piani deve il suo nome alla decorazione sul portone d'ingresso, un mosaico in bianco e nero che raffigura proprio un ragno, mentre al terzo piano c'è un dipinto con i toni ocra e nero con la scritta "Labor". Il ragno è appunto simbolo del lavoro ed ecco che ne capiamo il significato: il decoro e la scritta hanno come obiettivo quello di celebrare l'operosità. Proprio al lato opposto di questo palazzo si trova un altro molto interessante, senza nome, il cui portone scolpito, che crea giochi di ombre e luci, è ispirato alla scenografia del famoso film "Cabiria" del 1914 al quale ha partecipato anche Gabriele D'Annunzio come sceneggiatore.

Non molto distante da piazza Mincio si trovano le costruzioni forse più bizzarre del quartiere, ovvero i tre villini detti delle Fate. I tre edifici sono indipendenti l'uno dall'altro e sono ognuno un omaggio ad una città italiana, una sorta di elogio all'Italia. Per la città di Firenze la facciata è decorata con le figure di Petrarca, Dante e la scritta "Fiorenza sei bella". Per celebrare Roma la decorazione raffigura Romolo e Remo con la Lupa, mentre per Venezia il Leone e velieri. Inoltre, le pareti sono decorate anche da rappresentazioni di processioni, putti e motivi floreali.
Altre palazzine in stile Liberty e Decò sono presenti nel quartiere, con decori meno eccentrici.

Il quartiere Coppedè ed il cinema

Passeggiando per il quartiere non si può fare a meno di rimanere ammaliati da tutte le fantasiose decorazioni degli edifici, che rendono il quartiere Coppedè sicuramente affascinante ma altrettanto misterioso, tanto da spingere a chiedersi quali significati si celano dietro a quelle elaborate ed artefatte facciate. Ad una attenta analisi possiamo scorgerne qualche riferimento storico-artistico, ma dare una spiegazione a tutto l'apparato decorativo è quasi impossibile. Per quanto ci si sforzi a cogliere tutte le suggestioni, il quartiere resta in qualche modo sempre un mistero che solo la mente del suo ideatore ha potuto concepire. A chi lo visita resta la suggestione di poter penetrare nella fantasia di Coppedè e nel suo immaginario quasi onirico, ricco di figure e simboli esoterici.

L'atmosfera suggestiva che si respira passeggiando tra le strade di quartiere Coppedè è unica, proprio per questo il quartiere è stato spesso ripreso in alcune pellicole, soprattutto dai toni noir come "Il presagio", "La ragazza che sapeva troppo" e "Il profumo della signora in nero". Ma è stato soprattutto il regista Dario Argento ad omaggiare in due sue pellicole la bellezza misteriosa delle strade di questo quartiere: "L'uccello dalle piume di cristallo" (del 1970) e "Inferno" (del 1980). In questi due film il famoso regista sceglie di catturare immagini e sequenze dell'atmosfera onirica del quartiere Coppedè, per raccontare frammenti di storie tra i suoi palazzi. Lo spettatore sente la suggestione dovuta dall' alchimia del racconto e dal posto, creando immagini indimenticabili nella mente.

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15/11/2017
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